IL CENTENARIO DELL’ECCIDIO DI PORTONOVO. I PATRIOTI RICORDANO I CADUTI DI UN CRIMINE DIMENTICATO DEL BIENNIO ROSSO

9/8/2020

PER NON DIMENTICARE GHEDINI, POLETTI E BARBIERI
Bologna, 9 Agosto.
Un gruppo di patrioti si è recato questa mattina presso il Cimitero della Certosa per rendere omaggio a Gesù Ghedini e Roberto Poletti, le Guardie campestri che, insieme al collega Luigi Barbieri, vennero barbaramente trucidate dai sovversivi a Portonovo di Medicina il 9 Agosto 1920.

Nel centesimo anniversario di un crimine rimosso dalla memoria collettiva, i patrioti bolognesi hanno deposto dei fiori sui sepolcri di Ghedini e Poletti al Sacrario dei Martiri Fascisti, recitando poi insieme La preghiera del Legionario.

Al termine della breve cerimonia, il triplice “presente!” ha salutato chi ha sacrificato la propria vita per la civiltà contro la barbarie rossa.

Il portavoce

9 AGOSTO 1920: IN MEMORIA DELL’ECCIDIO DI PORTONOVO

Portonovo, 9 Agosto – Una delegazione dell’Associazione “Memento” e del Comitato Pro Centenario 1918-1922 ha ricordato a Portonovo (Bologna) le vittime di uno dei molti crimini dimenticati del Biennio Rosso con un omaggio floreale presso la Tenuta Forcaccio e la targa commemorativa dei Caduti per la Causa Fascista Barbieri Luigi, Ghedini Gesù, Poletti Roberto presente nel locale cimitero.

L’episodio è così ricostruito da Roberto Farinacci in Storia della Rivoluzione fascista:

“Il 9 Agosto a Medicina, nella frazione di Portonovo, mentre i liberi lavoratori, ottenuto – per ben due volte – il nulla osta dalle Autorità, cioè dalle Leghe, attendevano alla trebbiatura nella Tenuta Forcaccia [sic], i leghisti, che lavoravano lì presso nei campi della Bonifica Renana, ebbero l’ordine di sospendere il lavoro e di avanzare in ‘ordine sparso’. I leghisti giunsero dinanzi alla tenuta, si appostarono dietro il muro di cinta che circonda l’aia, e spararono. Spararono molto bene, come provetti cacciatori di anitre, senza trepidazione, e colpirono quasi tutti i liberi lavoratori; quindi si gettarono sui feriti per finirli a colpi di rivoltella, di pugnale e di randello: tre morirono sul posto, gli altri due (meno fortunati) poco dopo all’ospedale. Una delle vittime, il Ghedini, ferito gravemente, ‘si era accovacciato dietro un cumulo di covoni con la rivoltella in pugno. Gli aggressori lo raggiunsero, gli assestarono numerosi altri colpi… ognuno volle sfogare la propria rabbia su quel misero corpo, ridotto ormai un ammasso informe di carne. Uno dei teppisti trascinò a viva forza la moglie del Ghedini presso il cadavere del marito e la minacciò di farle fare la stessa fine. La donna terrorizzata invocò per sé la morte’”.

Ass. Memento – Bologna