LETTERA APERTA AL SINDACO DI ROMA

17/11/2018

Nettuno, 17 Novembre 2018

Gentile Sindaco,
mi permetto di scriverVi sulla scia di una riflessione personale fatta dopo le Vostre recenti esternazioni sulla necessità di eliminare dalla toponomastica di Roma i nomi “fascisti”. In realtà, già in precedenza volevo scriverVi, ma poi ho soprasseduto per non entrare in polemica con coloro che speculano politicamente sulla tragedia subita dagli Italiani di religioni ebraica durante l’occupazione germanica.
Tuttavia, una nuova e recente Vostra esternazione, appresa dalla stampa, mi ha fatto di nuovo riflettere circa l’opportunità di confrontarmi con Voi, essendo responsabile nei confronti dei lettori del mio giornale, anch’essi sorpresi dalle Vostre esternazioni.
Avete definito “non normale” che un giovane possa militare in un movimento come Forza Nuova. La mia mente è subito corsa ai “soloni della democrazia” che, nel dopoguerra, delegittimarono e criminalizzarono i militanti del MSI, armando così la mano di quei criminali dell’antifascismo militante che riempirono le strade di mezza Italia di giovani massacrati dalle spranghe e dalle chiavi inglesi, per poi finire nella lotta armata e continuare ad ammazzare innocenti. I nomi di Mario Zicchieri, Francesco Cecchin, Paolo Di Nella, solo per farne alcuni, dovrebbero ricordarVi qualcosa. Ebbene, in una Nazione – perché questa è ancora l’Italia – dove si considera “normale” discriminare chi si definisce padre e madre; dove è “normale” censurare chi difende la vita fina dal concepimento; mi sembra davvero assurdo considerare “anormali” dei giovani – a cui nulla può essere imputato! – che militano in un movimento politico (qualunque esso sia), magari sorridendo davanti ad altri giovani che nelle piazze bruciano manichini di avversari politici come Salvini, che gridano «uccidere un fascista non è reato», che impiccano manichini a testa in giù scimmiottando la “macelleria messicana” di Piazzale Loreto… La prossima volta che intenderà fare un discorso pedagogico ai ragazzi, prima guardate le foto di Mario, di Francesco, di Paolo. Vedremo se avrete il coraggio morale di ripetere la lezionicina antifascista.
E veniamo, quindi, all’iniziativa per la quale siete balzata agli onori delle cronache, ossia la cancellazione dei nomi “fascisti” dalle vie di Roma. Per fortuna che siete arrivata Voi a compiere questo atto di “giustizia”! Finalmente! Un’iniziativa che non era stata mai presa in considerazione neanche quando Roma era guidata dai comunisti e sui banchi del Parlamento italiano sedevano i partigiani, quelli veri, quelli che, per intenderci, i fascisti li ammazzavano volentieri (soprattutto se si erano arresi ed erano disarmati). Eppure c’è qualcosa che stona. Questo intervento sa tanto di cancellazione della memoria, la memoria della nostra Nazione. Si assolutizza un “male” immaginario, dimenticando tutto il resto. Roma ha davvero bisogno di questo? Perché sia chiaro, se la Vostra azione mirasse ad una serena e più pacata analisi di quegli anni, libera dalle speculazioni politiche dell’antifascismo; mirasse ad onorare il ricordo delle vittime e porre fine all’odio politico; saremo certamente al Vostro fianco. Ma se ciò corrispondesse, invece, ad una rimozione della memoria storica della nostra Nazione ci troveremo davanti alla consueta incapacità dei politici di professione di fare i conti con il nostro passato; per cui non essendo in grado di confrontarcisi, lo si rimuove a colpi di piccone, si cancella, non è mai esistito. No, non ci stiamo. Anche perché così facendo non sapremo dove andremo a finire. Perché i nomi dei nostri scienziati sono finiti su quelle vie non perché costoro firmarono il Manifesto della Razza – semplice dichiarazione di principi, per altro condivisi da gran parte della comunità scientifica mondiale, senza nessun valore giuridico e rientrante, comunque, nella semplice espressione di opinioni politiche personali –, ma perché il loro operato di scienziati, nello loro specifico campo, diede lustro alla nostra Nazione in ambito internazionale. Ed è per questo che la Repubblica Italiana li ha onorati e a loro ha reso omaggio. Questo insistere sui “carnefici” – immaginari! – nasconde dei fini politici chiari e fa passare in
secondo piano le vittime, di cui – guarda caso – si parla sempre poco. Ma perché non ricordare coloro che difesero gli Italiani di religione ebraica durante quegli anni? Ricorderà la storia di quel fascista – unico romano a farlo! – che sbarrò le porte della sua casa, ove ospitava israeliti, ai soldati germanici a “caccia di ebrei”. Forse saprà dello squadrista Antonibon che durante la guerra a Roma salvò numerosi perseguitati dai Tedeschi. E, se vogliamo generalizzare, ricorderà i nomi di Perlasca, Palatucci, Bartali, senza dimenticare Giorgio Almirante, che ebbero modo di aiutare gli Italiani di religione ebraica durante quei drammatici mesi. È vero, per Voi sarebbe un vero e proprio boomerang: avevate esordito nell’epurazione dei nomi “fascisti” per finire per omaggiare… dei fascisti! Come è strana la storia, vero?
Ma se la Vostra missione è quella di cancellare dalle pagine della storia i “criminali dell’umanità”, non vogliamo condividere questo percorso. Anche perché si corre il rischio di trasformare in “criminali” persone che non hanno mai fatto male a nessuno – anzi, sono benemeriti della comunità! – trasformandoli in nuove vittime del conformismo o dell’antifascismo militante.
Vi ricordiamo che una delle vie più importanti di Roma è dedicata al cittadino sovietico Palmiro Togliatti. Vorremmo sapere un Vostra opinione sul ruolo che questi ebbe nelle epurazioni tra i dissidenti in Ispagna e nello sterminio – questo reale! – dei soldati italiani prigionieri nei campi di concentramento sovietici. Metto a disposizione le pagine del mio giornale, dimostrandoVi che non abbiamo paura delle idee altrui e siamo bel lieti del confronto.
Avremmo volentieri concluso questa lettera magari consigliandoVi di studiare i libri di Renzo De Felice, Alberto B. Mariantoni o Flavio Costantino – con i quali abbiamo avuto rapporti diretti e per questo citiamo –, per comprendere cosa sia stato il razzismo italiano e la differenza tra discriminazione e persecuzione, ma un dubbio ci ha assalito. E se in nome della lotta ai “simboli dell’antisemitismo” l’Amministrazione comunale decidesse di iniziare dal principio e non da un’occasionale dichiarazione di intenti del secolo scorso? Perché, sapete, Roma è piena di nomi di Imperatori romani, dei grandi della classicità, che ad antisemitismo non scherzavano certamente (cfr. Gian Pio Mattogno, L’antisemitismo nell’Antichità classica). Ma Roma è anche piena di nomi di Santi e di Papi il cui antigiudaismo teologico ha costituito una colonna portante della nostra cultura (cfr. Don Curzio Nitoglia, Per padre il diavolo). Un dubbio ci assale allora. Se volessimo schieraci al Vostro fianco in questa missione, dovremmo iniziare a picconare prima l’Arco di Tito oppure ci dovremmo recare direttamente a San Pietro? Le macerie che lasceremo dietro di noi sarebbero a fin di bene, vero?
Senza pensare a cosa potrebbe capitare alla Società “Dante Alighieri” di Palazzo Firenze i cui responsabili potrebbero essere accusati di “propaganda antisemita” solo per aver diffuso la Divina commedia… Sareste costretta anche ad intervenire prontamente su Piazza Dante, magari dedicandola ai “famosi” poeti del Burkina Faso, che voi certamente conoscerete, i quali non dovrebbero essere in odore di antisemitismo.
Vogliamo salutarVi nella speranza che questa nostra lettera Vi induca in riflessione. Perché Roma non ha bisogno di odio partigiano, ma di amor di Patria che unisca tutti gli Italiani in un solo popolo orgoglioso della propria storia, finalmente pacificato e fiero del proprio avvenire.
In attesa di un Vostro riscontro, inviamo i nostri più sinceri auguri di un buon lavoro per l’intera comunità di Roma, sperando di non dover più intervenire per difendere la nostra memoria storica.

Pietro Cappellari
Direttore de “L’Ultima Crociata”