La famiglia Brugna da Orsera nella bufera del fine guerra e dell'esodo

10/2/2022

Sebastiano Brugna era nato ad Orsera nel 1904 e all'età di 26 anni si era sposato con Braicovich Caterina. La loro unione era stata allietata dalla nascita di Norma e Marisa.
Amava la terra in maniera viscerale, tanto che già da piccolo scappava da scuola per recarsi in campagna col padre.
In Istria la guerra con le sue fasi alterne aveva annullato la serenità del vivere quotidiano, alimentando un clima di terrore attuato dai titini nei confronti degli Italiani.
Lui aveva pazientato, sorretto dalla speranza del Trattato di pace, e aveva sperato con tutto il cuore e pregato in ogni istante che la Jugoslavia restituisse quelle terre che non le appartenevano né per lingua, né per religione, né per etnia, né per cultura, né per ideologie politiche. Il trattato c'era stato sì,a Parigi,ma aveva sancito il crollo di ogni illusione.
Molti Orseresi avevano preso la via dell'esilio, ma lui non se l'era sentita di abbandonare tutto: la casa che era riuscito a comprare, l'aveva pagata cinquemila lire e quanti sacrifici gli era costata! le sue campagne dove lui viveva lavorando dall'alba al tramonto, spesso terreni incolti che aveva provveduto a disboscare, a dissodare per piantarvi il vigneto.
Non aveva voluto abbandonare il paesino dove erano vissuti i suoi avi, dove erano vissuti lui, sua moglie, dove erano nate le sue figlie.
E se fosse stato davvero per sempre?
Forse avrebbe potuto continuare a vivere lì, in mezzo agli slavi, comandato dai titini. Forse sarebbe riuscirò a imparare il croato. Forse avrebbe potuto accettare con umiltà che una parte del raccolto gli fosse preteso e che le sue terre venissero requisite. Forse avrebbe soffocato la rabbia nel vedere le chiese profanate dagli invasori che ballavano, ballavano.
Forse non avrebbe corso nessun pericolo, pur disertando le assemblee, perché tutta la sua giornata veniva vissuta in campagna.
Era un uomo semplice,lui!
La sua mitezza, però, in un attimo svaniva al rientro dai campi quando era già buio. Davanti alla casa Bastian scendeva dal carro per entrare in cucina, mentre i muli proseguivano fino alla stalla sul retro.
Il suo sguardo si rivolgeva subito alla parete dove era appesa la fotografia di Tito, con rabbia la lanciava a terra, imprecando contro il "Boga" croato. Con occhi pieni di odio alzava il pugno contro la moglie che, china quasi in atteggiamento di preghiera, lo supplicava di tacere, perché qualcuno forse fuori avrebbe potuto sentire tutto.
Qualcuno ascoltò e riferì a chi di dovere.
Giunse la sera che, nonostante si fosse ben udito il cigolio delle ruote del carro, Bastian non entrò in cucina.
Quando Catina si affaccio' vide gli animali immobili, vide il carro, ma non vide il marito.
Era stato prelevato per essere gettato in foiba!
Durarono due giorni le sue strazianti lacrime, i suoi abiti neri.
Ma fortunatamente Bastian fece ritorno a casa, liberato da un cugino che si era assoggettato al nuovo regime e che ben conosceva la sua indole mite.
Dopo qualche giorno, era agosto del '48, lo informò di aver visto il nome della figlia Norma nel registro dei quindicenni, ossia di coloro che erano obbligati al lavoro volontario.
L'avrebbero prelevata e portata a vivere per mesi lontano dalla famiglia. Avrebbe indossato abiti grezzi, bustina con stella rossa in testa, avrebbe lavorato per ricostruire strade o negli stabimenti requisiti agli Italiani, avrebbe imparato il croato e ballato il Kolo, sarebbe diventata una "drugariza".
Bastian capì immediatamente che sì, forse lui avrebbe potuto vivere sotto un padrone che ti parlava di uguaglianza, di fratellanza intanto che faceva pulizia etnica, ma in quell' istante decise che non poteva cedere sua figlia al nuovo regime che ne avrebbe stravolto l'identità e lui non poteva rinnegare il suo passato, né quello dei suoi avi.
Optò per rimanere italiano e l'Italia gli fece dono di tre etti di chiodi!
Nel febbraio del '49, a bordo di un peschereccio,la famiglia Brugna abbandona Orsera.
L'immagine di Bastian e Catina, ritti in piedi, intenti a rubare le ultime immagini del loro paese, il volto rigato di lacrime mute, con accanto due valigie di legno, spegne la gioia della piccola Marisa sino ad allora elettrizzata per quel viaggio avventuroso che l' avrebbe finalmente condotta in Italia.
Giunti a Trieste vengono ospitati nel Silos e lì, in mezzo al frastuono, gli odori nauseabondi, la promiscuità, Bastian rimugina idee orrende.Vorrebbe tanto avere la possibilità di comprare una rivoltella per fare una strage del suo nucleo familiare.
È disperato! Ha appena saputo che l'Italia non li vuole. Al grido di "Tornate indietro fascisti" a Venezia è stato impedito l'attracco al Toscana. A Bologna i sindacalisti comunisti hanno vietato la sosta del treno su cui viaggiavano i profughi e hanno versato sui binari il latte che il personale della Croce Rossa avrebbe offerto ai bambini in transito. Gli è stato detto che i profughi venivano smistati in 109 centri di raccolta sparsi in tutta Italia.
Lui non possiede più niente, le sue proprietà stanno dentro due valigie.C'è l'ignoto davanti,ma ci sono tre donne cui dover provvedere e allora bisogna resistere.
La successiva tappa è il Campo di Latina. Una sorta di grande caserma da fuori, ma all'interno quasi un enorme tendone da circo dove coperte sorrette da corde delimitano le varie "stanze" e proteggono un briciolo di intimità.
Dopo quattro mesi Bastian chiede il trasferimento nel C.R.P.di Marina di Carrara per ricongiungersi alla famiglia di sua sorella e sperando che ci siano più opportunità di lavoro. È un contadino e le giornate lavorative sono alquanto saltuarie, per cui Catina decide di andare a servizio presso una famiglia del posto.
Le promesse di lavori fissi non si realizzano e intanto gli anni in quel Campo rotolano tra bocconi amari, pregiudizi e qualche sputo rivolto a lui "sporco profugo".
Allora decide di tentare la fortuna e cercare lavoro all'Ansaldo di Genova, come ha già fatto con successo qualche amico. Si dimette dal Campo e prende la residenza nella città ligure. Come liquidazione ha ricevuto 50mila lire che si esauriscono in
dieci mesi di affitto per una stanzetta.
Ha una vera bramosia di lavorare, possiede il vigore necessario per espletare qualsiasi attività, ma ha già 54 anni e ovviamente non viene assunto.
Spinto dalla necessità ha osato fermare un importante prelato e in seguito anche il prefetto durante manifestazioni pubbliche, elemosinando quel lavoro che gli permetterebbe di portare via le sue donne dal ghetto in cui vivono, ma
neanche le loro promesse vanno a buon fine.
In seguito alla sua liquidazione dal Campo, ora si trova in una situazione ancora più disperata e subirà l'oltraggio più incisivo dalla Madre Patria.
Non ha più diritto a rientrare nel Campo, ma non ha neanche un riparo dove mangiare e dormire. Una anziana signorina, che in passato gli ha offerto qualche giornata di lavoro, gli offre ospitalità nella cabina balneare situata sulla spiaggia, ma con l'arrivo della stagione fredda le articolazioni doloranti lo spingono a decidere di tornare, almeno per la notte, nella stanza box del Campo.
Lo fa di soppiatto, dopo essere passato attraverso un buco nel reticolato. Bisogna fare tutto in fretta e nel massimo silenzio. È di vitale importanza che lui non faccia alcun rumore che possa tradire la sua presenza. Circola la Marescialla, un donnone claudicante,una sinistrata, che ha il compito di controllare che non si compiano simili abusi che potrebbero portare ad una vera definitiva espulsione e una gravosa multa. Succede anche che si debba nascondere nell'armadio alla stregua di un amante clandestino.
Lui ha ceduto come tutti gli esuli le sue proprietà perché l'Italia pagasse il debito di guerra, e ora la Madre Patria non è in grado di soccorrere lui e altri uomini cui la sorte è stata particolarmente avversa.
Non sono degni di essere ospitati neppure in un ghetto racchiuso da un reticolato e sorvegliato da in militare, e dove per pareti hai delle coperte.
Quando la profuganza compie dieci anni, Bastian chiede ed ottiene
l'assegnazione di un lotto agricolo in Sardegna e nel luglio del 1959 può finalmente districare le maglie del reticolato che l'hanno rinchiuso tanto a lungo e portare le sue donne a respirare la libertà prima a Fertilia e poi, definitivamente, nella borgata di Maristella dove finalmente riprenderanno a vivere in una casa.
E sarà proprio la terra sarda, quella terra bruciata come Bastian la definiva, che generosamente gli permetterà di riassaporare la prosperità.

Testimonianza di Marisa Brugna raccolta da M. Laurentia Azzolini