PICCOLI EROI ITALIANI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE: I FRATELLI GIOVANELLI

2/4/2020

La guerra ai civili condotta dagli Alleati durante il Secondo conflitto mondiale si concretizzò soprattutto nell’uso dell’arma aerea contro le popolazioni civili dei Paesi nemici. Crimini contro l’umanità dei quali gli Angloamericani non hanno mai reso conto, né davanti ad un Tribunale internazionale, né davanti alla Storia.
Eppure, di quell’enorme deserto di macerie e di morte lasciato dalle Aviazioni alleate, ancor oggi, viè testimonianza. Molte sono ancora le abitazioni sfregiate, molte sono ancora le bombe inesplose che, periodicamente, vengono ritrovate e rese inoffensive con laboriose operazioni di disinnesco. Anche se è vietato indicarne la nazionalità. Milano fu una delle città attenzionate dai cosiddetti “Angloassassini
”, che nella loro missione “liberatrice” provocarono la morte di oltre 80.000 Italiani, colpevoli solo di essersi trovati nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. La guerra psicologica condotta dagli Alleati prevedeva, infatti, di colpire le popolazioni direttamente, in modo da fiaccarne lo spirito di resistenza.
I rapporti stilati a conflitto già iniziato indicavano in un milione e centomila gli abitanti della città [di Milano], che gli stessi studi descrivevano divisa a cerchi concentrici, il più interno dei quali (centro storico, all'interno della cerchia dei Navigli) risultava essere anche il più vulnerabile in caso di intenso attacco aereo, sia perché maggiormente abitato, sia per la vicinanza tra loro delle costruzioni, con strade prevalentemente strette. Si prevedeva così, in caso di bombardamento anche mediante spezzoni incendiari, un facile propagarsi del fuoco, pur dovendosi sottolineare che gli stessi rapporti spionistici si rammaricavano per il materiale impiegato per la costruzione degli edifici, e cioè quasi esclusivamente mattoni e cemento, causa questa di maggiore difficoltà nel propagarsi degli incendi, i quali invece avevano dato grandi risultati nelle città tedesche, ove abbondava l’
impiego di materiali lignei. Alla luce di tutto ciò, il bombardamento sistematico fu in un primo momento (fino a tutto il 1943) rivolto a colpire la città “civile”
, mirando su case e popolazione, affinché questa terrorizzata spingesse sul Governo a chiedere un armistizio
1.
Il primo bombardamento del 1943 su Milano si registrò nella notte del 14 Febbraio. La quiete della sera fu drammaticamente interrotta dal preallarme delle 21:30 e dall’allarme generale delle 22:06.
Trenta minuti dopo, 138 quadrimotori pesanti Lancaster della Royal Air Force
attaccarono il capoluogo lombardo. Vennero sganciate 110 tonnellate di bombe esplosive e 166 tonnellate di ordigni incendiari. Furono utilizzate anche 45
Blockbuster, bome da quattromila libbre, piene ognuna di 1.820 chili di tritolo. I Britannici le chiamavano “cookies”(biscotti) e servivano per spazzare via in un solo colpo un intero blocco di edifici.
Risultarono danneggiate l’Alfa Romeo, la Caproni, la Isotta Fraschini, la Centeneri e Zinelli e la manifattura tabacchi. Danni poi allo Scalo Farini, a Porta Genova, al deposito tranviario di Via Messina e a quello degli autobus di Corso Sempione. Inoltre, 35 aree civili danneggiate in Corso Roma, presso il Duomo, all’Arena, in Via Mario Pagano, Piazzale Loreto, alla Stazione centrale nei pressi della Università Cattolica. Secondo i rilievi italiani dei giorni seguenti, danneggiati risultarono numerosi cinema, la centrale del latte, diverse centrali Stipel, più 203 case distrutte e 220 gravemente danneggiate, 376 con danni importanti, e più di 3.000 quelle con danni lievi. Gravi danni subì il “Corriere della Sera” in Via Solferino. Per quanto riguarda il patrimonio culturale ed artistico, danneggiate risultarono le chiese di S. Maria del Carmine, S. Lorenzo, S. Giorgio al Palazzo. Inoltre il Palazzo Reale, la Pinacoteca Ambrosiana, la Permanente, la Galleria d’arte moderna, il Conservatorio. Per domare gli incendi dovettero intervenire anche i Vigili del Fuoco di Bologna, oltre a quelli di tutte le province vicine. Alle otto del mattino seguente riprese la circolazione dei tram e dei treni alla Stazione centrale.
Il conteggio dei morti si attestò su 133, con 442 feriti. I senza tetto risultarono 7.950, ma pochi giorni dopo quelli regolarmente registrati presso gli uffici comunali furono 10.000. La città subì un ulteriore svuotamento da parte della popolazione, sia perché rimasta senza una casa, sia per timore di ulteriori attacchi. Le scuole furono chiuse a tempo indeterminato, sia per il pericolo di bombardamenti, sia per mancanza di combustibile2
Anche in questo caso si volle colpire deliberatamente la popolazione civile, per un semplice e chiaro motivo: abbattere il consenso al Regime fascista. Perché
il consenso c’era e, come evidenzierà Togliatti, per estirparlo dalle famiglie italiane bisognava portare la morte all’
interno delle stesse:
“L’idea che ogni sera un grande numero di persone abbandonasse la città era uno degli obiettivi, il congestionamento dei mezzi di trasporto, le difficoltà di comunicazione, gli effetti negativi sul morale e sulla produttività e
rano obiettivi dell’area bombing”3. La Controaerea italo-tedesca, data l’alta quota
di attacco degli aerei alleati, poté fare poco o nulla se non scatenare un inferno di fuoco che ebbe il solo risultato di abbattere un aereo nemico. Il bombardamento a tappeto britannico, grazie anche alla tenuta dei rifugi antiaerei, provocò solo
133 vittime, poche se paragonate all’intensità dell’attacco. Tra queste vogliamo ricordare i fratelli Giovanelli, alunni della Regia Scuola Media di Piazzale Tonoli (oggi Piazza Graziadio Isaia Ascoli), deceduti quasi contemporaneamente, schiacciati dal crollo della propria abitazione colpita da una bomba. Erano orfani di guerra: il papà Santino, Capitano dell’8° Reggimento Fanteria “Cuneo”, era caduto sul Mali Topojanit (Albania)l’8 Gennaio 1941, in una delle più cruente fasi della battaglia
d’arresto contro i Greci. Giuseppe Giovanelli, nato a Legnano, classe 1929, era decorato di Croce al Merito della Gioventù Italiana del Littorio, quando morì aveva 13 anni. Ferdinando Giovanelli, nato a Legnano, classe 1930, Caposquadra dei Balilla Moschettieri, cadde all’età 12 anni. Scrisse il nonno Angelo Negri su carta intestata della Federazione dei Fasci di Combattimento di Milano: Ferdinando Giovanelli, travolto dalle macerie, prima di morire gridò: «Sono contento di morire per la Patria. Così vado a raggiungere mio padre. G
li Italiani mi vendicheranno. Viva l’Italia! Vinceremo!». Agli ultimi istanti, morente, tentò di gridare ancora «Viva l’Italia!», ma le macerie soffocarono in gola il suo grido4.
Entrambi vennero annoverati tra i Martiri della Rivoluzione fascista. La morte aveva distrutto la famiglia Giovanelli, ma l’“antidoto togliattiano” non aveva intaccato la fede di questi Italiani, sublimata, nell’estremo sacrificio, in un mistico amor di Patria che tutto sconfigge e tutto supera.
Pietro Cappellari

1
M. Colombo,
I bombardamenti aerei su Milano durante la II Guerra Mondiale
, 6 Maggio 2003, in www.storiadimilano.it/Repertori/bombardamenti.htm.

2
2 Cfr.
Ibidem.
3 Cfr. G. Bonacina,
Comando bombardieri: storia dei bombardamenti aerei nella seconda guerra mondiale
, Longanesi, Milano 1983, pag. 166.
4 ACS, Mostra della Rivoluzione fascista, b. 5, f. Milano.