Fratelli a Paderno

18/6/2000

Il 18 giugno u.s. ci siamo ritrovati a Paderno per ricordare i nostri Caduti, in particolare il Gen. Giorgio Bianchi e rianimare lo spirito un po’ infiacchito dopo mesi di silenzio.
Paderno è per noi un punto preciso di riferimento, una riscoperta sicura di cameratismo fra gente un po' avanti negli anni, ma che non ha dimenticato, non vuole e non può dimenticare gli anni più vivi e sofferti della sua esistenza. Così abbiamo ascoltato in fraterna comunione di anime la Santa Messa celebrata da Padre Claudio Lopez di Cittaducale, presenti la Signora Giovanna Jalla Bianchi, vedova del generale dei granatieri Giorgio Bianchi, il presidente dei Granatieri di Cesena Bruno Castagnoli e Signora con il labaro della nostra Associazione, la dottoressa Ada Mancini, V. Presidente onorario dell' Associazione, la Signora Vittoria Polga con il labaro della Delegazione di Vicenza, Roberto Scocco con il labaro di Macerata, e poi il labaro della Direzione naz.le dell'Associazione, quello dei Combattenti di Forlì della RSI e altre, altre persone, note e meno note, fra le quali alcuni reduci della RSI guidati dal camerata di Carpi Enzo Cavazza.
Ovviamente, in prima fila, Arnaldo Bertolini.
Nel corso della cerimonia, con il consenso di Padre Claudio, il sottoscritto ha detto:
«Qui a breve distanza, riposano le spoglie mortali di Arnaldo Mussolini, di sua moglie Augusta, dei loro figli Sandro Italico e Vito. A costoro Benito Mussolini dedicò la Chiesa, dove oggi ci troviamo in devoto raccoglimento. Arnaldo non poté sopravvivere alla scomparsa del figlio ventenne, Sandro Italico, e morì a 46 anni di età, il 21 dicembre 1931.
Alcuni giorni prima, in una conferenza alla Scuola di Mistica fascista a Milano, Arnaldo rivolgendosi ai giovani ascoltatori aveva detto: «Bisogna sdegnare le vicende mediocri, non cadere mai nella volgarità, credere fermamente nel bene. Voi sarete allora anche più forti contro le avversità inevitabili della vita; se il dolore batterà alle vostre porte vi sentirete meglio temprati per affrontare la bufera. Abbiate vicina sempre la verità e, come confidente, la bontà generosa. Sentirsi sempre giovani, pieno lo spirito di queste verità supreme, è come sentirsi in uno stato di grazia. Solo così si può essere pronti a degnamente vivere e a degnamente morire». Con la morte di Arnaldo, Benito Mussolini e gli Italiani perdevano un fratello, un amico, un maestro e consigliere insostituibile. Ciò fu avvertito chiaramente e dolorosamente dal Duce, allorché in quei giorni scriveva: « Il buono non si domanda mai se vale la pena. Egli pensa che vale sempre la pena.
Soccorrere un disgraziato, anche se immeritevole, asciugare una lacrima anche se impura, dare un sollievo alla miseria, una speranza alla tristezza, una consolazione alla morte, tutto ciò significa non considerarsi estranei all'umanità, ma partecipi, anima e corpo, di essa; significa tessere la trama della simpatia con fili invisibili ma potenti, i quali legano gli spiriti e li rendono migliori. Nell'esercizio di queste virtù, Arnaldo dedicò tutto se stesso dopo la morte di Sandro»
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Virtù condivise, pertanto, fra due uomini nei quali il sentimento dell' offerta, spinta - se occorra - fino al sacrificio, era un imperativo categorico. Non dimentichiamocene, amici miei».
Terminata la Santa Messa, com’è nostra consuetudine, ci siamo incolonnati per rendere omaggio, nel vicino camposanto, ad Arnaldo e ai Suoi Cari con fiori tricolori e le benedizione di Padre Claudio.

Italo Merli
L’Ultima Crociata
N. 8/2000